Allattamento misto pro e contro: tutto quello che devi sapere

L’allattamento naturale al seno è la scelta migliore a breve e lunga scadenza,  per il proprio bambino ed è possibile per la maggior parte delle mamme, anche se molti non lo sanno. Dall’avvento del latte artificiale, tuttavia, sempre più spesso si cede al cosiddetto “allattamento misto”, scegliendo di utilizzare sia il latte in formula, sia il latte materno per alimentare il neonato. Ma è davvero una strada percorribile? Quali sono i pro e i contro?

Allattamento: la scelta già al momento del parto

“Ancora la montata lattea non è arrivata, offri il biberon”, “Il piccolo piange, ha fame, intanto dagli un po’ di latte artificiale, dopo potrai provare con calma ad attaccarlo al tuo seno”, “Crescono bene anche i bambini alimentati con il latte in polvere, che consente alle mamme di essere più libere e indipendenti, pensaci”. Questi sono alcuni dei consigli più comuni rivolti alle neomamme sin dai primi momenti dopo il parto, da amici, parenti e – talvolta – anche dal personale sanitario. Nella maggior parte dei casi le difficoltà iniziali sono legate ad un cattivo attacco al seno o a problemi di buon avvio.

Ciò che troppo spesso non viene spiegato subito è che:

  • il colostro, prima ancora della montata lattea, è un alimento fondamentale per il neonato. È assolutamente sufficiente a saziarlo e, soprattutto, è indispensabile per garantirgli tutte le difese immunitarie necessarie nelle primissime ore di vita. Nessun altro alimento andrebbe dato in sua sostituzione o in aggiunta ad esclusione di casi in cui si osserva la poppata e le condizioni di nascita del bebè. Questi casi non rientrano nella fisiologia e vanno seguiti con cura;
  • il latte artificiale, come dimostrato dalla scienza, non può essere considerato un sostituto completo del latte materno perché, pur migliorandone costantemente la composizione, non contiene gli stessi valori nutrizionali, né consente la medesima assimilazione dei nutrienti. La sua introduzione nell’alimentazione del bebè, invece, rappresenta già uno “svezzamento”;
  • affinché l’allattamento naturale al seno funzioni, occorre prestare grande attenzione alla fase di avviamento. Quando il piccolo succhia tanto quanto serve per stimolare la produzione della quantità di latte di cui necessita e deve imparare – come la madre – la posizione corretta da adottare affinché il bebè prenda correttamente il seno per essere alimentarsi adeguatamente;

  • il bebè saziato dal latte artificiale limiterà la sua stimolazione del seno o, addirittura, lo preferirà a quest’ultimo. Ne consegue che, in pochi giorni, la mamma potrebbe non riuscire a produrre la quantità di latte desiderata dal bambino. Soprattutto in considerazione del rapido e progressivo aumento del suo fabbisogno nutrizionale;

  • il tipo di suzione esercitata al biberon è passiva e completamente opposta a quella esercitata al seno. I neonati allattati al biberon – o con l’ausilio di paracapezzoli – finiscono per “confondersi” e per non riuscire più a poppare – o a voler poppare – dalle mammelle. Oppure potrebbero succhiare dal seno allo stesso modo in cui fanno dal biberon, determinando l’insorgenza di ragadi e altri disturbi;
  • soprattutto nei primi mesi di vita, non serve offrire al bambino acqua o tisane. Il latte materno contiene tutto ciò di cui ha bisogno, variando anche nella sua composizione in funzione delle sue esigenze;
  • la sensazione della “mancanza di latte” non corrisponde al vero nel caso in cui la madre abbia partorito il proprio bambino. Nemmeno quando l’uso del tiralatte non dimostri la presenza del latte materno;
  • il pianto del bebè è il principale mezzo di comunicazione del neonato, il suo linguaggio. A differenza di ciò che si crede comunemente, non viene utilizzato soltanto per esprimere il senso di fame.

 

L’introduzione del latte artificiale o di altri liquidi, dunque, rappresenta uno dei principali motivi di fallimento dell’allattamento naturale al seno, soprattutto modalità in cui viene somministrato e le quantità.  Spesso viene suggerita la quantità che viene offerta se in bebè non riceve latte materno. Difficile stabilire quanto latte aggiungere se necessita. Ecco perché occorre essere certi, sin dal momento del parto, della strada che si desidera percorrere.

Cosa ne pensa la scienza

Il termine “allattamento al seno misto” non è citato nelle definizioni proposte nelle raccomandazioni sull’allattamento al seno Anaes, dove invece viene utilizzato il termine “allattamento al seno parziale”, indicando la perdita della centralità dell’allattamento naturale.

L’Oms raccomanda l’allattamento esclusivo al seno almeno fino al sesto mese di vita del bebè, ma si tratta di una prescrizione purtroppo poco praticata nelle società più tradizionali che richiedono – per loro cultura – ai bambini di bere e/o mangiare per celebrare la loro nascita. In altre, invece, l’allattamento naturale continua a essere la scelta primaria, a cui si aggiungono i moderni – e talvolta inutili – integratori alimentari.

Uno studio di Marques in Brasile, nel 2001, ha rilevato una prevalenza di allattamento al seno alla nascita del 99%, ma l’introduzione di acqua e tisane dal primo giorno di vita (nel 72% dei casi) e di un secondo latte nel primo mese nel 58% dei casi. Secondo P. Van Esterik, l’allattamento esclusivo al seno è molto difficile da istituire laddove gli integratori siano considerati buoni e necessari. Anche per le donne in contesti urbani poveri, allattare esclusivamente al seno significa “privare il bambino di qualcosa che dovrebbe avere”.

Nel rapporto dell’Unicef del 2002 si evidenzia un’incidenza dell’allattamento esclusivo del 52% in tutto il mondo, ma con grandi differenze tra i singoli Paesi.

I “tempi” della natura e quelli della società 

A incentivare l’uso del biberon e del latte artificiale, la volontà o la credenza atta a limitare i pasti del neonato a precisi orari e intervalli. Tuttavia, per natura i più piccoli mangiano poco e continuamente, per non appesantire il loro apparato digerente e per limitare i remoti rischi di morte in culla.

Se con il latte materno è possibile rispettare queste esigenze, allattando i propri figli a richiesta senza controindicazioni, il latte in formula non può essere somministrato con eccessiva frequenza.

Allattamento al seno: lavoro e figura paterna

Data l’esigenza di poppate frequenti, le mamme che dovessero allontanarsi da casa per lavoro o per altri motivi devono rinunciare all’allattamento? La risposta è no. Perché è possibile estrarre il latte e conservarlo accuratamente anche per diversi mesi, lasciandolo a chi dovrà occuparsi del bambino in sua assenza.

Inoltre, esistono infiniti strumenti, di cui si parla poco, alternativi al biberon. Senza considerare che alcuni bambini più grandicelli possono ugualmente utilizzare le normali tettarelle senza confondere il tipo di suzione da esercitare al seno al rientro della madre.

La stessa soluzione può essere adottata pure per coinvolgere maggiormente i papà più esigenti che volessero partecipare attivamente all’allattamento del loro bimbo.

Hai introdotto il biberon prima di avviare correttamente il tuo allattamento e adesso non sai come recuperare? Vorresti trasformare l’allattamento misto in allattamento esclusivo del tuo bambino? Il tuo piccolo piange disperatamente e rifiuta il seno? Hai la sensazione di non produrre latte a sufficienza? Provi dolore durante le poppate? Devi tornare a lavoro ma non riesci a utilizzare efficacemente il tiralatte?

Si tratta di problemi assolutamente superabili, se gestiti con tempismo e nel modo giusto. Contattami per ricevere la tua consulenza personalizzata e sarò lieta di trovare la soluzione più adatta a te.

Disclaimer

Le informazioni indicate non sostituiscono una consulenza personalizzata.
Se avete domande o siete in difficoltà potete prendere un appuntamento cliccando il pulsante qui sotto.

Articoli correlati

Devi essere connesso per inviare un commento.
Menu