Capoparto, amenorrea e metodi di contraccezione – prima parte

Amenorrea e contraccezione naturale “LAM”

Questo è il primo articolo in cui parleremo di metodi anticoncezionali. Cominciamo con il metodo meno conosciuto e spesso mal interpretato.

Spesso si sente dire che allattando non si rischia una nuova gravidanza e molti smentiscono tale affermazione.

In realtà l’allattamento può inibire un’ovulazione e quindi una gravidanza ma solo ed esclusivamente in condizioni ben precise e con evidenza scientifica limitata ai primi sei mesi post parto. Regole molto rigide da seguire minuziosamente. Dopo i 6 mesi la mamma può non aver un ritorno del ciclo ma avere delle ovulazioni che consentono quindi l’arrivo di una successiva gravidanza.

Cos’è il capoparto? Quando avviene?

Il “capoparto” non è altro che il primo sanguinamento uterino che rappresenta il “ritorno” delle mestruazioni dopo il parto.

Ma quando avviene? Prima di questa data è comunque possibile il concepimento? Com’è possibile utilizzare quest’occasione come contraccettivo naturale efficace? La Dott.ssa Jlenia Caccetta, medico chirurgo specializzato in ginecologia e ostetricia e responsabile dell’ ambulatorio di Ginecologia ed Ostetricia del “Centro Medico Le Zagare” ha risposto a tutte le domande frequenti.

Dottoressa, quando tornano le mestruazioni alle neomamme dopo il parto?

“Il capoparto si verifica solitamente dopo i primi 56 giorni (8 settimane) post partum e dura per più di 2 giorni consecutivi. Infatti, qualsiasi sanguinamento che avvenga entro le prime 8 settimane non può essere considerato ciclo mestruale e rientra nei normali processi fisiologici di involuzione uterina (lochiazioni) o più raramente rappresenta un processo patologico (emorragie tardive del post partum, etc).

Tuttavia la data del ritorno delle mestruazioni varia da donna a donna e, soprattutto, in funzione dello svolgersi dell’allattamento. Ne consegue che le madri che allattano al seno, solitamente, trascorrono diversi mesi in amenorrea, a differenza di coloro che nutrono con latte artificiale che possono già notare la ricomparsa del ciclo mestruale dopo sole sei settimane”.

Cosa succede alle mamme che allattano il loro bambino al seno? 

“Il capoparto si sposta a una data che varia da donna a donna. In pochi casi comporta inizialmente una fisiologica riduzione della quantità di latte prodotto, anche se arriva nel periodo dell’allattamento esclusivo. Ma solitamente, se l’allattamento è esclusivo, nel 98% delle donne ( il 2% potrebbe avere un ritorno del ciclo pur mantenendo le condizioni ideale per una amenorrea lattazionale) non avviene prima dei 6 mesi del bambino, quando quest’ultimo ha già cominciato l’alimentazione complementare, ovvero l’introduzione dei solidi”.

Qual è il nesso tra il ritorno delle mestruazioni e lo svezzamento del bebè?

“Quando si introducono nuovi alimenti e nuove bevande (oltre al latte materno, che offre tutti i nutrimenti necessari per la buona crescita) in alcuni casi la frequenza e la durata delle poppate si riducono. Aumenta invece l’accumulo di peptidi inibitori della produzione del latte (Feedback Inhibitor Factor – FIL). Questo meccanismo fa sì che venga meno l’inibizione dell’ovulazione, che è alla base dell’amenorrea lattazionale. Ciò non significa però che l’allattamento sarà giunto al termine, perché potrà proseguire per tutto il tempo che si desidera senza che il lattante ne venga disturbato”.

La mamma produrrà il latte che necessita la suo bambino se mantiene un minimo di poppate efficaci nelle 24 ore. Spesso lo svezzamento coincide anche con il rientro al lavoro e l’assenza o i pasti rallentano il numero di poppate ma non necessariamente la quantità.

L’amenorrea post partum può dunque essere considerata un “contraccettivo naturale”?

“Sin dalle epoche più antiche si è pensato che l’amenorrea post partum fosse correlata all’impossibilità di una nuova gravidanza. Se è vero che dopo il parto le donne siano temporaneamente incapaci di concepire, è anche vero che questo avvenga in misura sensibilmente variabile. Dagli anni ‘80 alcuni ricercatori hanno cominciato a studiare i percorsi biodemografici attraverso i quali l’allattamento influenza la infertilità della donna. Hanno scoperto che sia l’atto della suzione – ancor più che della produzione – del latte a fornire lo stimolo per la soppressione della ovulazione nella madre. Hanno allora concluso che la frequenza delle poppate e la durata dell’allattamento siano fattori determinanti nel preservare la transitoria infertilità, e che l’ovulazione riprenda al diminuire dell’entità della suzione, potendo comunque subire una nuova soppressione con l’ulteriore incremento delle suzioni al seno.

È sulla base di queste valutazioni che alla fine degli anni ’80 è stato definito un nuovo ‘metodo contraccettivo’: il metodo dell’amenorrea lattazionale LAM.  Una riunione di consenso, tenutasi a Bellagio nel 1988, ne ha chiarito le basi scientifiche e l’elevata sicurezza, a patto che la donna si attenga ai 3 semplici criteri:

  1. essere nei primi 6 mesi dal parto;
  2. essere in stato di amenorrea;
  3. essere in allattamento esclusivo al seno con intervalli fra le poppate mai superiori alle 6 ore di notte e alle 4 ore di giorno”.

Tengo a precisare che pur mantenendo le regole la non fertilità non è garantita scientificamente dopo i 6 mesi. L’amenorrea potrebbe prolungarsi ma non i hanno certezze sulla possibilità di ovulare anche in assenza di mestruazione. Quindi il metodo non è sicuro dal sesto mese in poi del dopo parto.

Inoltre le 3 regole devono essere sempre soddisfatte nel primo periodo. Se il vostro bebè anche per una volta aumenta la distanza tra le poppate diurne o notturne, il corpo si organizza per un ritorno alla fertilità.

Come può una donna valutare il suo grado di fertilità? 

“Per una valutazione clinica corretta bisogna che il personale specializzato ponga alla donna le tre seguenti domande: sono ritornate le mestruazioni (ai fini del LAM, la mestruazione è definita come un qualsiasi sanguinamento che si verifichi dopo i primi 56 giorni, ovvero 8 settimane, post partum e che duri per più di 2 giorni consecutivi).  Il suo bambino ha più di 6 mesi?; Il piccolo ha già introdotto alimenti complementari o liquidi in aggiunta al latte materno? Se la risposta è negativa a tutte e tre le domande, la coppia madre-bambino soddisfa i 3 criteri per attendersi che il LAM sia efficace”.

Quali benefici e rischi comporta il metodo LAM? Quali sono i consigli utili affinché possa essere davvero efficace?

“L’esigenza di apprendere, iniziare e continuare il metodo LAM è particolarmente evidente nei Paesi in via di sviluppo, ove per ragioni culturali e socioeconomiche la durata del periodo di allattamento è decisamente superiore a quella dei Paesi sviluppati, raggiungendo i 28 mesi in Ruanda e Bangladesh.

Vi sono però rilevanti differenze geografiche nella durata dell’amenorrea da allattamento, che sarebbe di 6.5 mesi in America Latina, di 8.5 mesi nella Africa del Nord e di 13.9 mesi nella Africa Sub-Sahariana, secondo dati raccolti negli anni ’90. Tali differenze potrebbero essere costanti anche per le donne allattanti immigrate in Italia e provenienti da diversi Paesi.

Va considerato che le modalità di alimentazione nel primo anno di vita condizionano potentemente il periodo di lattazione. Quanto maggiore in un bambino allattato esclusivamente al seno è la frequenza delle poppate, tanto più elevato sarà il livello della prolattinemia fra le poppate e, conseguentemente, maggiore risulterà la possibilità di una soppressione dell’ovulazione. Un bambino, pur allattato esclusivamente al seno, non aiuterà più la mamma a tenere soppressa l’ovulazione nel momento in cui inizierà, magari spontaneamente, a fare degli intervalli prolungati fra le poppate. Inoltre, quanto più precoce è l’introduzione di alimenti diversi dal latte materno (ossia dello svezzamento o più correttamente dell’alimentazione complementare) tanto più probabile è la ripresa dell’ovulazione”.

Dunque si può affermare che una donna in amenorrea post partum – prima del capoparto – non possa rimanere incinta?

“Le informazioni sulle modalità di allattamento al seno (esclusività, frequenza, etc) vanno raccolte per capire se il LAM sia ancora capace di avere effetto contraccettivo. Se le tre condizioni sopra indicate sono garantite, il livello di efficacia del LAM può essere anche del 98%. Sempre ripeto solo nei primi 6 mesi post parto.

A dimostrarlo è anche un’ampia revisione della letteratura, che ha rilevato un’incidenza di gravidanze, valutate a sei mesi con le life-table, variabile tra 0.45 e 2.45% – in studi controllati – e tra 0 e 7.5 % in studi non controllati.

La donna va ovviamente avvisata del fatto che riducendo il numero delle poppate, l’efficacia del metodo si riduce o scompare.

La motivazione della cattiva reputazione contraccettiva del LAM nella cultura popolare può essere facilmente individuata nel mancato rispetto delle tre condizioni. Alcune donne, anche nate in Italia, potrebbero – per motivi culturali o religiosi – non voler ricorrere a metodi contraccettivi che non siano naturali. Risulta quindi prezioso, per un counselling adeguato, mettere loro a disposizione tutte le informazioni sul LAM e sulle sua efficacia.

Inoltre, a tale metodo ne possono essere affiancati degli altri assolutamente naturali (Ogino-Knaus, Billings, temperatura basale, sintotermico, tecnologici, altri), già a partire dalla comparsa del capoparto e dai 6 mesi di età del bambino in poi. La loro sovrapposizione non comporta alcun rischio e aumenta l’efficacia contraccettiva. Il loro impiego va però preceduto da un corretto addestramento da parte del personale specializzato e necessita di una precisa motivazione della donna e della coppia”.

Nei prossimi articoli affronteremo ancora il tema della contraccezione, introducendo tutti gli altri metodi disponibili.

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