Gusto: dalle preferenze all’educazione alimentare sin dalla nascita

Tra i cinque sensi dell’uomo, il gusto è quello da cui dipendono alcuni  “piaceri della vita”. Ma come fare per assicurare a grandi e piccini la libertà e la salute a tavola?

Nei primi anni di vita il gusto è molto sviluppato: neonati e bambini hanno più di 10mila cellule gustative che si trovano sparse sulla lingua e che comunicano con la corteccia cerebrale. Dalla loro soddisfazione primaria deriverà tutto l’equilibrio alimentare dell’età adulta.

I genitori dovrebbero quindi offrire al proprio neonato – sin dall’inizio dello svezzamento – un’alimentazione varia.

Il gusto evolve nel tempo

Il gusto non è un piacere semplice e ha bisogno di essere “educato” per esprimere il meglio di sé.

Si deve saper guardare, palpare, annusare, assaggiare un alimento ciclicamente per scoprirne il sapore. E poi decodificare i messaggi che richiamano gli alimenti: ricordi, simboli, elementi culturali a cui vengono associati.

Così come gli altri sensi, il gusto evolve nel corso degli anni. Soprattutto durante i primi.

Il bebè riconosce inizialmente il sapore del latte di mamma, poi quello degli oggetti e dei cibi che assaggia quando scopre la sua bocca. È questo il motivo principale per il quale si dovrebbe, sin dall’inizio dello svezzamento, offrire al piccolo un’alimentazione sana e variegata.  Variare sapori (dolci, amari, acidi), temperature, odori, rumori (ogni cibo ha il suo “rumore” durante la masticazione), volumi, consistenze, colori, fa sì che da adulto possa sperimentare il piacere di cibarsi in modo equilibrato, senza rinunciare alla “gola” che peccato non è.

Come si forma il gusto?

Molti genitori si chiedono se i gusti alimentari del bebè vengano stabiliti già durante la gravidanza, dal liquido amniotico e dal latte materno.  Altri ancora si chiedono se si tratti di un fattore innato o acquisito.

Secondo uno studio americano, i nostri gusti alimentari deriverebbero dalla dieta della mamma durante la gestazione e l’allattamento.  Alla stessa conclusione è arrivata l’American Psychiatric Society.

Il Monell Chemical Senses Center di Philadelphia (USA) ha formato tre gruppi di donne incinte (45 in totale) per studiare gli effetti della loro alimentazione sui neonati.

Il primo gruppo consumava succo di carote quattro volte alla settimana nelle ultime tre settimane alla fine della gravidanza. Il secondo gruppo beveva dell’acqua al termine della gestazione e succo di carota nei due mesi dopo la nascita, in periodo di lattazione. Il terzo gruppo, invece, consumava soltanto acqua sia prima che dopo la gravidanza.

I ricercatori hanno poi proposto ai loro bebè di 5 mesi e mezzo dei cereali, accompagnati da succo di carota o acqua. Così hanno potuto rintracciare una relazione tra i bambini che preferivano i cereali al succo di carote con le mamme che avevano consumato quest’ultimo durante e dopo la gravidanza.

L’alimentazione della mamma influenza il liquido amniotico e il gusto del latte materno

La stessa équipe del Monell Chemical Senses ha dimostrato che alimenti come l’aglio, la menta o la vaniglia modificano il gusto del latte materno, giungendo a questa conclusione: ”La ricerca sugli animali ha dimostrato che il consumo di questi alimenti da parte della madre comporta un cambiamento del sapore del liquido amniotico o del latte materno, creando delle preferenze di gusto a lungo termine nei piccoli. Probabilmente è la modalità con cui i mammiferi imparano a consumare gli alimenti che possono essere consumati senza pericolo”.

Per l’essere umano la mamma è, quindi, una delle vie principali per conoscere le abitudini alimentari del suo ambiente, l’aspetto indubbiamente più forte della cultura a cui apparteniamo.

Tuttavia, oggi non è ancora possibile stabilire se il gusto sia innato o trasmesso. Il dibattito rimane aperto e alcuni studi hanno dimostrato come i bebè alla nascita preferiscano il gusto dolce e rigettino il gusto acido.

Un “amore innato” per il dolce

Se proponiamo a un neonato verdura e frutta, lui preferirà il gusto dolce della seconda. Si volterà più facilmente verso una sostanza dal sapore zuccherino (derivato da saccarosio o fruttosio) rispetto ad alimenti con glucosio o lattosio che sono meno dolci. Questa risposta è evidente già durante la vita uterina, prima che il piccolo nasca e riesca a respirare da solo.

In effetti, l’organo del gusto (papille gustative della lingua) si forma molto presto durante la gestazione: più il liquido amniotico è dolce, più il feto ne beve; se si inietta un liquido amaro all’interno del grembo materno, il piccolo frena la deglutizione.

Jacob Steiner – psicologo e fisiologo israeliano -, utilizzando come campione migliaia di neonati, ha mostrato come la loro mimica di piacere o repulsione accompagni le loro differenti sensazioni, entrando a far parte del bagagliaio genetico e dell’anatomia.

I test gusto-facciali (TGV) sono stati effettuati su bebè che non avevano ancora mai poppato, nelle loro prime sei ore di vita.  Ai piccoli sono stati somministrati acqua demineralizzata, soluzione dolce, succo di limone e soluzione amara. Nel primo caso sono rimasti quasi indifferenti, nel secondo hanno espresso contentezza, nel terzo hanno mosso velocemente le labbra e nel quarto hanno espresso repulsione e tristezza.

I gusti cambiano?

Le preferenze alimentari – e le non preferenze alla nascita – si modificano grazie alle esperienze successive. Questa grande flessibilità di base permette ai bambini di adattarsi a tutte le cucine del mondo.

I cambiamenti, tuttavia, variano da bambino a bambino e soprattutto nei primissimi anni di vita sono influenzati dalla gamma di sapori e odori incontrati nel grembo e nel latte materno.

Dopo la nascita, i sapori vengono organizzati e gestiti da una parte del cervello che coinvolge la sfera emotiva. Quindi vale la regola generale per la quale il soggetto prova un’emozione positiva se si trova davanti a una percezione di benessere, scatenata dall’ambiente o da un oggetto verso il quale dirige la sua attenzione.  Rispetto al cibo, questo accade solitamente quando l’oggetto rimanda al gusto del dolce.

Eppure i genitori non dovrebbero mai stancarsi di proporre ai loro figli, senza insistenze, alimenti vari. Il segreto è continuare a mettersi a tavola tutti insieme, mettendo su tutti i cibi sani e colorati che normalmente si consumano all’interno di regime alimentare corretto. Questo, nel corso del tempo, consentirà ai più piccoli di “cambiare idea” rispetto alle resistenze acquisite.

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